Negli oscuri antri, nei labirinti della vita, da molti anni ormai un folletto si aggirava, ricco di fiducia in sé e di gioia, per il mondo, allegro, saltellava ovunque. Non lo sgomentavano i lamenti, le insidie, le grida, che le tenebre nascondevano. Nel suo viaggio nulla gli faceva paura.
A momenti però la stanchezza lo coglieva, poiché in quelle tenebre il suo vivace incedere lo faceva incappare in grovigli di dolore, in cavità ignobili, che minacciavano la sua gioia, che tentavano di trattenerlo. Il folletto non lo sapeva ma ogni antro del labirinto era nato da una lacrima di dolore e rimanere da soli equivaleva a permettere a quei luoghi di esercitare il loro crudele influsso, troppo forte anche per quel giocoso spiritello.
Molto lontano intanto, in un uno dei recessi più ascosi della vita, una luce brillava. Quel chiarore, che proiettava vaghe mobili sagome sulle pareti della roccia nera e ruvida, era un fiaccola che da tempo ardeva emettendo luce, bruciando e consumandosi nel suo dolore, radiosa ma stanca di non poter cercare altrove tenebre più fitte da dissipare, o un mondo migliore.
Quelle pareti opache e scabre, quella volta bassa e opprimente, non potevano ricevere ulteriori benefici dalla sua luce e dal suo calore. In quella caverna non c'era più il dolore nero della morte, ma solo il tormento dell'anima, la luce della fiaccola, e pietra ovunque, senza vita, senza amore. La fiaccola meditava, mentre le sue fiamme si facevano più azzurre, sul mistero della solitudine, aveva bisogno di qualcosa, di qualcuno con cui iniziare un viaggio.
E mentre l'aria, sempre più soffocante, cominciava a illanguidire quella fiamma, la fiaccola percepì una presenza, un essere figlio della luce che come lei soffriva in quei luoghi dell'oscurità. Subito la sua gioia si tramutò in luce e vivide le sue fiamme irradiarono un richiamo all'intorno. Anche il folletto, guidato da quella luce, si fece più veloce e vivace che mai, ed in un batter d'occhio eccoli uno di fronte all'altra, a cambiare il senso di quella oscurità.
Ora, e sono passati molti secoli, negli oscuri antri della vita, scavati dal dolore e dalla morte. Dove la pietra è nera e scabrosa, fa un po' meno freddo ed è un po' meno buio. Per molto tempo infatti il folletto e la fiaccola sono stati visti vagare allegramente in quei meandri, felici della loro unione, della loro gioia, dello spirito girovago dell'uno e della luce dell'altra.
Come per incanto, al loro passaggio in quel buio angosciante, nascevano fiori di cristallo, testimonianze di luce e amore, gemme pure e radiose che racchiudevano il segreto di due anime e del loro eterno viaggio. E quei cristalli ricordano, e ricorderanno, a tutti gli sguardi spenti dal dolore che vacui scrutano le tenebre che un amore può illuminare di gioia perfino questa vita.
05 gennaio 2011
Lustri fa: "Il folletto e la fiaccola" - 23 maggio 1985
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